All’inizio del mese, CosmeticObs ha pubblicato questo articolo scritto dal Dr Frédéric Lebreux, il nostro COO, sul riempimento non funzionale di Slack.
Ecco la traduzione dell’articolo.
La rana che vuole diventare grande come il manzo: il fenomeno del “Nonfunctional Slack Fill” nell’industria cosmetica
Ricordiamo i nostri teneri anni durante i quali aprire la nostra curiosità al mondo e alle sue meraviglie era sufficiente a soddisfare tutte le aspettative. A quel tempo, il buon senso e la morale esemplare di Jean de La Fontaine contribuirono più o meno a costruire l’essere umano ragionevole che siamo diventati. Le sue favole sono ancora molto attuali e rileggerle a qualsiasi età non è mai una perdita di tempo. Uno di questi inizia con queste poche righe:
Una rana vide un manzo
che gli sembrò di buona taglia.
Lei, che non era grande come un uovo,
invidiosa si allunga, si gonfia e lavora
per eguagliare l’animale in grandezza,
Trasposta ai prodotti di consumo, la folle impresa di questo piccolo anfibio si riferisce al concetto di “nonfunctional slack fill”, un concetto che consiste nel lasciare uno spazio vuoto non necessario in un contenitore o in un imballaggio. Sorprendentemente, questo argomento sembra essere poco discusso nell’industria cosmetica europea.
Sia chiaro: l’attore economico che ricorre a questa pratica di ingannare il consumatore dandogli l’illusione dell’abbondanza non agisce per vanità e qui finisce l’analogia con la poesia. Quando, senza una possibile giustificazione tecnica, un contenitore non trasparente viene riempito in modo insufficiente o quando le dimensioni del contenitore non sono in relazione a quelle della sua confezione, è senza dubbio possibile che sia la logica economica a prevalere. Il metodo è logoro: poiché il consumatore è troppo sensibile a un aumento di prezzo per un determinato prodotto, si sceglie invece di diminuire la quantità di prodotto presente in ogni unità. Alcuni consumatori sono attenti a questo aspetto, quindi bisogna fare attenzione a mantenere un contenitore o una confezione di dimensioni identiche per rendere l’operazione il più discreta possibile. Questo non è l’unico scenario che porta al mancato funzionamento dell’allentatore, ma è probabilmente uno dei più comuni.
Nel 2015, il produttore di spezie McCormick è stato citato in giudizio da Watkins, uno dei suoi principali concorrenti, per il suo pepe nero tritato. Come illustrato di seguito, McCormick aveva improvvisamente ridotto del 25% il contenuto del suo prodotto di punta, senza però modificare le dimensioni del contenitore. Il nuovo contenitore indicava il nuovo contenuto nominale (3 once invece di 4), ma McCormick si guardò bene dal pubblicizzare questo cambiamento.
Questo esempio è volutamente tratto dall’industria alimentare, ma anche i giganti del mondo della cosmesi sono stati messi sotto accusa negli ultimi anni per fatti simili, soprattutto negli Stati Uniti. La piaga degli allentamenti non funzionali colpisce tutti i settori e sarebbe stato sorprendente che i marchi di cosmetici fossero miracolosamente risparmiati.
Si noti che ci sono molti esempi in cui l’allentamento è giustificato dalla sua funzione e, ad esempio, dalla protezione del contenuto. Naturalmente, il diavolo si nasconde nei dettagli e c’è un intero continuum di situazioni intermedie in cui l’allentamento è necessario ma sovradimensionato e in misura variabile.
Ovviamente, questa pratica può danneggiare in modo permanente la reputazione di un marchio e compromettere la fiducia che i consumatori nutrono nei suoi confronti. Tuttavia, al di là di questo aspetto di marketing, non bisogna dimenticare che esiste un quadro normativo e che il suo mancato rispetto può comportare seri problemi legali, in particolare multe a sei o più cifre. Purtroppo per alcuni, fortunatamente per altri, questo quadro normativo è generalmente poco prescrittivo e lascia all’attore economico, alle Autorità competenti e ai consumatori la possibilità di esercitare la propria capacità di giudizio.
Negli Stati Uniti, il Codice degli Stati Uniti indica nella sezione 362 (d) relativa all’etichettatura errata dei prodotti cosmetici (misbranded cosmetics) che un prodotto cosmetico è considerato errato se il suo contenitore è fabbricato, formato o riempito in modo ingannevole.
A parte gli alimenti, la FDA non ha mai ritenuto opportuno chiarire questa legge molto costosa attraverso l’adozione di regolamenti attuativi. Tuttavia, possiamo citare (o addirittura ispirarci a) ciò che è stato prodotto per regolamentare meglio l’industria alimentare (21 CFR§100.100): un contenitore che non permette al consumatore di vedere completamente il suo contenuto è considerato ingannevole. contiene uno spazio non riempito e non funzionale. Questo spazio è la differenza tra la capacità effettiva di un contenitore e il volume di prodotto che contiene. Lo spazio non riempito e non funzionale è lo spazio vuoto di un contenitore che viene riempito in misura inferiore alla sua capacità per motivi diversi da (seguono sei giustificazioni funzionali che consentono l’uso del riempimento in eccesso).
Inoltre, la legge federale Fair Packaging and Labeling Act (15 USC§1471) autorizza la FDA e la FTC (Federal Trade Commission) a promulgare regolamenti attuativi per i prodotti cosmetici. Tuttavia, sia l’FDA che l’FTC hanno declinato l’offerta, lasciando l’industria cosmetica e i consumatori liberi di valutare la presenza di un riempimento allentato non funzionale. È vero che gli Stati Uniti e l’Unione Europea differiscono molto su come proteggere gli interessi dei consumatori: i primi danno al consumatore gli strumenti legali che gli consentono di difendersi, mentre la seconda si affida a regole prescrittive e alla capacità di controllo delle autorità competenti. Questa differenza spiega perché negli ultimi anni negli Stati Uniti sono state pubblicizzate molte “Class action” contro i marchi di cosmetici, intentate dai consumatori o dai loro rappresentanti, mentre in Europa l’argomento è rimasto relativamente discreto. È da notare, tuttavia, che il successo dei querelanti non è garantito e che se grandi gruppi sono stati effettivamente condannati, la condanna del marchio non è sistematica.
A livello europeo, il quadro normativo è altrettanto vago di quello istituito dagli Stati Uniti, ma vanno considerati due canali, ovvero i diritti dei consumatori e la tutela dell’ambiente.
Per quanto riguarda i diritti dei consumatori, il Regolamento europeo sui cosmetici (CE n. 1223/2009), il Regolamento che definisce i criteri comuni (UE n. 655/2013) e le Raccomandazioni dell’ARPP non forniscono alcun chiarimento concreto sul tasso di riempimento di un contenitore o del suo imballaggio che non può essere assimilato a una comunicazione di marketing. Allo stesso modo, la Direttiva CEE sulla metrologia n. 211/1976 non si pronuncia sul riempimento in eccesso e si limita a mettere in relazione il contenuto nominale con quello effettivamente presente nel contenitore. D’altra parte, la Direttiva sulle pratiche commerciali sleali CE n. 29/2005 affronta indirettamente l’argomento attraverso l’articolo 5:
1. Sono vietate le pratiche commerciali sleali. 2. Una pratica commerciale è sleale se: a) è contraria ai requisiti di diligenza professionale e b) altera o è probabile che alteri in modo sostanziale il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che colpisce […].
L’articolo 6 è forse ancora più preciso in quanto descrive ciò che costituisce un’azione ingannevole e che sembra includere la pratica del riempimento non funzionale, anche se il contenuto nominale riportato sull’etichetta dovesse essere coerente:
1. Una pratica commerciale è considerata ingannevole se […] in qualsiasi modo, compresa la sua presentazione generale, induce o è probabile che induca in errore il consumatore medio, anche se le informazioni presentate sono di fatto corrette, per quanto riguarda uno o più dei seguenti aspetti e [that] lo induce o è probabile che lo induca a prendere una decisione commerciale che non avrebbe altrimenti preso: […] b) le caratteristiche principali del prodotto, quali […] la quantità, le specifiche, […].
Infine, l’articolo 7 sulle omissioni ingannevoli potrebbe essere invocato anche nel caso in cui un prodotto messo a disposizione sul mercato venga modificato al fine di introdurre un riempimento allentato non funzionale senza avvisare preventivamente i consumatori.
Per quanto riguarda la protezione dell’ambiente, anche se non viene introdotto alcun obbligo quantificato, la Direttiva europea sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio CE n. 62/1994 (Allegato II, Sezione 1) è molto esplicita al riguardo:
L’imballaggio sarà realizzato in modo da limitare il volume e il peso al minimo necessario per garantire il livello di sicurezza, igiene e accettabilità richiesto sia per il prodotto confezionato che per il consumatore.
Questo aspetto viene implementato anche sotto forma di bonus per il contributo ambientale. Infatti, come indicato nelle guide alla dichiarazione di Adelphe e CITEO, esistono dei bonus per l’eco-design legati a una riduzione alla fonte:
Viene concesso un bonus dell’8% sul contributo totale dell’UVC per le seguenti azioni:
– riduzione del peso a iso-materiale e iso-funzionalità;
– riduzione del volume all’iso-materiale e all’iso-funzionalità (ad esempio tramite la concentrazione del prodotto);
Vediamo quindi che, senza legiferare realmente sull’argomento, l’Unione Europea è stata in grado di creare un quadro abbastanza flessibile volto a proibire o, almeno, a ridurre la pratica dell’allentamento non funzionale. Rimane tuttavia il mistero dell’attuazione concreta di questi testi normativi da parte delle autorità competenti, dei mezzi a loro disposizione per garantire il controllo del mercato e delle eventuali infrazioni riscontrate in materia.
A livello nazionale, misure concrete sembrano essere state adottate da alcuni Stati membri e, in particolare, da Germania, Belgio e Slovacchia. A titolo di esempio, citiamo la legge tedesca relativa al preconfezionamento che all’articolo 43§2 prevede che:
È vietato fabbricare, far fabbricare, immettere nell’ambito di applicazione della presente legge, commercializzare o rendere disponibile sul mercato [prepackages] se il loro design e il loro riempimento simulano una quantità di ripieno superiore a quella contenuta.
In pratica, questa legge porta a obblighi piuttosto rigidi, come la seguente tabella che mostra i rapporti massimi tra il volume del contenitore e il volume nominale dei prodotti per la cura della pelle:
Quantità nominale in g o ml | Rapporto tra i volumi |
10 ≤ NQ < 25 | 3 : 1 |
25 ≤ NQ ≤ 50 | 2,5 : 1 |
NQ > 50 | 2 : 1 |
Infine, pur non avendo un vero e proprio valore legale, possiamo citare le linee guida del WELMEC, l’organismo che regola la cooperazione tra le autorità di metrologia legale degli Stati membri dell’Unione Europea e dell’EFTA. Questo documento merita sicuramente di essere consultato e ha il merito di fornire un’opinione informata sull’argomento.
In conclusione, l’autorità di regolamentazione, salvo eccezioni, non ha previsto misure vincolanti volte a prevenire la pratica dell’allentamento non funzionale, una pratica poco etica e poco rispettosa dell’ambiente. Eppure esiste un quadro giuridico che, almeno in teoria, dovrebbe spingere l’industria cosmetica ad agire in modo onesto e responsabile. In questo contesto, gli approcci volontari sono da lodare e non possiamo che rallegrarci del comportamento virtuoso di alcuni grandi operatori di mercato illuminati che non mancano di dare il buon esempio. Per gli altri, possiamo solo ricordare il proverbio africano: “Chi passa la notte nello stagno si sveglia cugino delle rane”.